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......ANDARE OLTRE A CIO' CHE VEDI...ANCHE SE PALPABILE, a volte la realtà è diversa...
Proviamo a fare uno sforzo d’immaginazione: che reazione avremmo se vedessimo per la prima volta nella nostra vita un uomo a cavallo? Moderni come siamo, finiremmo per giudicare l’animale un alieno, o un esperimento genetico sfuggito dai laboratori segreti si chissà quale governo. Fossimo un tantino superstiziosi, probabilmente giudicheremmo l’equino una creatura sovrannaturale, e il suo cavaliere un essere divino. Più o meno è stata questa la reazione avuta dagli Aztechi di Montezuma II quando nella primavera del 1519, ebbero per la prima volta notizie dello sbarco di Hernán Cortés e della sua armata di Conquistadores.
E qualcosa del genere dev’essere accaduto agli abitanti degli aspri pendii del PeloponnesoEpiro e dalla Tessaglia, a nord. (Grecia) nel II millennio a.C., quando videro per la prima volta i propri villaggi razziati da selvagge popolazioni nomadi provenienti dall’
Di razzie si trattava, quindi un po’ di confusione fra cavalcatura e cavaliere ci dev’essere stata. Nacque così, perso fra le nebbie dei miti greci preellennici la figura del centauro.
Istinti primordiali
I centauri sono senz’altro una delle creature fantastiche meglio definite della storia dell’arte e della letteratura. L’immagine del guerriero mezzo uomo e mezzo cavallo, con la mutazione che parte là dove l’animale ha il collo, per continuare con busto, petto, braccia e testa d’uomo, è rimasta invariata per tutta la storia della letteratura classica, passando attraverso il Medioevo e il Romanticismo ottocentesco, fino al moderno fantasy letterario. Non manca qualche variante, certo, ma il centauro propriamente detto ha sempre avuto la forma che conosciamo.
Va detto che il nome centauro, la cui origine etimologica è molto controversa, non sempre viene associato agli uomini cavallo, ma qualche volta a semplici popolazioni umane selvagge e brutali dedite alla guerra e alle razzie. Più o meno così vengono definiti dallo stesso Omero (o che per lui).
Ma nella maggior parte delle leggende, i centauri sono mezzi uomini e mezzi cavalli, sempre originari dei monti della Tessaglia, storica patria d’origine di parecchi mostri ellenici; la serpentina Ecate e qualche volta le Arpie tanto per fare qualche esempio.
Pera capirci, la Tessaglia porta ancora oggi il suo nome classico ed è uno delle 13 regioni in cui è diviso il moderno stato della Grecia. A sua vota è divisa in 4 prefetture e confina a nord col Monte Olimpo, a est con l’Egeo, a sud con la Grecia centrale (Stereà) e a ovest con l’Epiro e la catena del Pindo. L’essere circondata da montagne ne faceva, in epoche antiche, una regione selvaggia e di difficile accesso, anche se si sprecavano suggestioni sulle fertili pianure che si aprono al di là dei rilievi. Non doveva essere difficile immaginarci un popolo di uomini cavallo che scorazza sulle distese di erba smeraldina, la protezione dei monti alle spalle, il mare al di là dell’orizzonte.
I centauri erano visti come brutali saccheggiatori, consumatori di carne cruda, qualche volta umana, incapaci di resistere ai propri appetiti sessuali e alla passione per il vino. Un po’ l’allegoria della parte bestiale della nostra mente, il cervello rettile sede della regolamentazione dei processi fisici e delle emozioni primarie (corteggiamento, difesa, autoaffermazione) e del cervello neo mammifero, origine dei processi razionali più complessi. Tutto questo per spiegare con le moderne teorie del dr Paul D. MacLean, celebre ricercatore in ambito cerebrale presso il National Institute of Menthal Health nel Maryland, come la mitologia possa in qualche modo esprimere concetti che popolazioni aliene alla scienza moderna percepivano comunque, anche se non disponevano degli strumenti adatti per codificarli.
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Già le origini sono controverse. Fra gli ulivi e le calli pescose del Peloponneso andava per la maggiore la leggenda che il progenitore della stirpe, Centauro appunto, fosse figlio di Issione e di Nefele (Nube). Issione era un ancestrale re dei Lapiti, altra popolazione della Tessaglia, nonché figlio del dio Ares. Il sovrano era famoso per essere stato il primo essere umano della storia a uccidere un parente, Deioneo, suo suocero, che tanto per la cronaca fu arso vivo. Pare che Issione ottenne il perdono degli dèi, e finì per essere accolto da Zeus sull’Olimpo. Ma anche lì non riusciva a stare fuori dai guai e non trovò niente di meglio che cercare di mettere le mani addosso alla first lady locale, Era. Il ragazzo non sapeva contenere i propri istinti. Zeus, che di trasformazioni era esperto per via di certe sue scappatelle, trasformò una nuvola (o uno spirito dei venti, in qualche versione) nella dea. Issione si accoppiò con quella, e dall’unione nacque proprio il mostruoso Centauro.
Tanto razionale l’equino rampollo non doveva essere, più che altro un brutale primitivo più bestia che uomo. Centauro ebbe migliaia di unioni con le giumente del molte Pelio e le pianure sottostanti. Ebbe così origine la sua stirpe.
Ai tempi del regno di Piritoo, accadde che il re decise di convolare a nozze con la bella Ippodamia, il cui nome guarda caso significa “colei che doma i cavalli”.
E con i cavalli i Lapiti avevano a che fare parecchio, come d’altronde il loro sovrano.
Suocera di Ippodamia era infatti era l’umana Dia, ma il suocero altri non era se non Zeus, che per mettere incinta la futura madre del Re aveva dovuto assumere la forma di un bellissimo cavallo.
E gli stessi greci attribuivano ai Lapiti l’invenzione del morso e delle briglie (la staffa non la conoscevano ancora, è un’invenzione medievale).
E così un po’ per certe parentele equine e affinità varie coi quadrupedi, Piritoo decise d’invitare al proprio matrimonio proprio il popolo dei centauri. I nostri zoccoluti amici arrivarono al banchetto con tutte le buone intenzioni; tirati a lucido, strigliati, non portavano le armi e qualcuno di loro aveva perfino osato provare per la prima volta l’emozionante esperienza di farsi un bagno.